venerdì 7 maggio 2010

La fine della vita: un argomento difficile (di Arianna Milone)

Nel corso dell’incontro del gruppo Fuci di mercoledì 13 gennaio 2010 si è discusso un tema di grande attualità, che coinvolge il mondo cattolico, e l’intera dimensione della vita umana, inserita in una idea di cittadinanza che implica una “presa di posizione” intorno ai problemi che riguardano da vicino il singolo e la collettività. Abbiamo voluto individuare nella vicenda di Eluana Englaro il caso emblematico di una esperienza umana che, lungi dal rappresentare un unicum, interessa direttamente molti uomini e molte donne nel nostro paese.

La storia personale di Eluana e il dibattito anche politico suscitato da tale vicenda suggeriscono la necessità di approfondire la conoscenza intorno all’accaduto, una conoscenza che non può prescindere da una lettura dei fatti il più possibile equilibrata, al fine di superare il momento puramente emotivo e il condizionamento ideologico. Emerge infatti l’esigenza di assumere un punto di vista che tenga conto della complessità del problema, il quale non può evidentemente essere ridotto ad una semplificazione assoluta e strumentalizzato attraverso slogan che esprimono giudizi ma impoveriscono la consapevolezza e con essa il senso critico. Risulta difficile definire una modalità di lettura, e un punto di vista che assicuri una certa obiettività nell’analisi del problema, che è legato a ragioni di tipo giuridico- formale e nello stesso tempo riguarda l’uomo e il valore della sua vita. Il rischio di ridurre i termini della questione a puro tecnicismo formale è senza dubbio presente, nell’ambito di una degenerazione culturale che produce un deficit nell’interesse per la vita umana nel suo complesso. È necessario ri-definire un’idea di uomo a partire da una considerazione specifica del significato della sua esistenza nel mondo. Il principio della libertà del singolo può essere considerato in relazione all’interrogativo sulla totale “proprietà” che l’individuo rivendica sulla sua vita. Si tratta di decidere se davvero questa “appartiene” soltanto all’io che decide per se stesso, se essa può o non può inscriversi in un progetto più grande della nostra facoltà di comprenderlo. Restituire dignità alla vita umana in tutte le sue forme significa agire nel rispetto dell’altro, in una prospettiva che esclude il giudizio e la condanna. Lungi dall’essere detentore della verità, il singolo cittadino può muoversi nell’interesse collettivo, affermando il principio secondo cui ciascuno deve poter disporre degli “strumenti” necessari per scegliere e agire consapevolmente, sia nello scorrere della vita, sia nel passaggio tra la vita e la morte. La piena libertà individuale, per essere veramente tale, non può prescindere da una responsabile presa di coscienza, da una riflessione attenta sul valore della vita e sul significato della morte.

Un’esigenza fondamentale, sorta dalla vicenda di Eluana ed emersa anche durante l’incontro, è rappresentata dall’assunzione, da parte dello Stato, di un impianto normativo che regolamenti tali situazioni. È necessaria una legislazione che definisca in termini chiari e precisi i limiti dell’accanimento terapeutico e della libertà individuale di determinare un rifiuto dell’utilizzo di tecnologie atte al proseguimento della vita vegetativa. Una legge non potrebbe comunque avere la pretesa di definire in assoluto condizioni e soluzioni, rispetto a un problema che resta, sostanzialmente, un problema di coscienza, legato a situazioni di sofferenza e di dolore.

In questo senso, l’acceso dibattito che si è scatenato intorno alla vicenda di Eluana e che ancora –a un anno dalla morte della donna- si esprime con un linguaggio che non conosce discrezione né rispetto, dovrebbe spegnersi una volta per tutte, lasciando spazio al silenzio e alla preghiera. Solo così alle urla di condanna si potrà finalmente sostituire un dibattito pubblico tra cittadini sulla necessità di colmare il vuoto legislativo che, nel nostro ordinamento, crea incertezza e non consente di determinare una possibile soluzione del problema; accanto al dibattito che si può sviluppare sulle ragioni giuridiche, sia a livello di parlamento, sia a livello di società civile, è necessario dare vita ad una riflessione attenta e profonda sul valore dell’esistenza umana. L’esperienza del dolore che la connota dimostra la necessità di una condivisione solidale, che si realizza pienamente nell’ascolto dell’altro e nell’amore.

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